Le piattaforme di streaming musicale: quale futuro?

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In questi anni l’ascesa fulminea delle piattaforme di streaming musicale (Spotify, YouTube, Deezer e così via) ha permesso ad un pubblico di massa di ascoltare quasi tutta la musica a disposizione, sia quella cosiddetta “mainstream”, sia quella più ricercata. Ma vi siete mai chiesti “quanto questo ha giovato al mercato musicale e che futuro si prospetta”?

Noi sì e abbiamo fatto qualche ragionamento…
Innanzitutto queste piattaforme hanno reso immediato e gratuito l’accesso alle canzoni, ma così facendo hanno ridotto l’ascolto ad un’attività effettuata spesso con scarsa attenzione ed interesse e anche magari senza aver effettuato una vera e propria ricerca musicale.
E poi artisti, case discografiche ed etichette devono far fronte a nuove sfide: quanto rende effettivamente l’ascolto su tali piattaforme, considerando che spesso questo sostituisce l’acquisto del brano? Pensiamo a Spotify ad esempio, dove ogni singolo ascolto di una canzone “frutta” all’industria discografica circa 0,007 centesimi di dollaro, rispetto agli 0,82 di ricavo che si ottengono dalla vendita del brano stesso (inoltre, in passato, Spotify è stata accusata di non pagare le royalties agli artisti, tanto che alla fine acquisì delle startup, ad esempio Loudr, affinchè si occupassero di gestire il pagamento delle stesse). Probabilmente anche questo ha contribuito ad una nuova tendenza: quella di mettere a disposizione i brani per l’ascolto sulle piattaforme di streaming solo dopo un certo periodo dall’effettiva uscita discografica, forse per invogliare il pubblico ad acquistare le singole canzoni o gli interi album, su supporto fisico o digitale.

E per quanto riguarda la musica per ambienti?
Anche in questo caso valgono gli stessi ragionamenti, che portano a considerare di affidarsi ad un provider musicale autorizzato, perché vuol dire acquistare musica (anche se in modo indiretto) che si può diffondere immediatamente nel proprio contesto rispettando tutti i diritti e le leggi. Anche per questo motivo, e soprattutto grazie alla ricerca musicale effettuata dai music designer, può capitare spesso che un brano sia già trasmesso in ambienti come negozi o centri commerciali, magari prima che venga messo a disposizione sulle piattaforme di streaming o in rotazione nelle radio FM.

Cosa ci aspetta dunque nel futuro prossimo? Sicuramente avremo un ulteriore sviluppo delle piattaforme streaming, ma queste dovranno sempre “fare i conti” (letteralmente) con chi la musica la crea, se vorranno sopravvivere. D’altra parte, questo ci porta ad immaginare che il vecchio e caro acquisto della musica su supporto fisico, come oggetto di culto, non avrà mai una fine, come dimostra la ripresa delle vendite del supporto vinile. The past goes back to the future.

 

Francesco Cainero, M-Cube

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